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Il post Covid secondo Andrea Beretta Zanoni
10/06/2020

“Il futuro? Scelte strategiche sempre più decisive: le aziende si devono attrezzare in fretta”

Andrea Beretta Zanoni: “Difficile prevedere cosa succederà nei prossimi mesi. Servono analisi di scenario e tanta flessibilità. In vista anche fusioni e acquisizioni”

 

Sul prossimo numero del nostro magazine “In Fonderia”, disponibile entro la fine di giugno 2020, sarà presente un'intervista ad Andrea Beretta Zanoni, professore ordinario di Economia aziendale all’Università di Verona, che ci ha esposto la sua visione su come cambierà il mondo post Coronavirs e quale sarà la situazione in cui le aziende si dovranno muovere nei prossimi anni. Pubblichiamo di seguito in anteprima il testo dell'intervista.

Professore, i prossimi mesi del 2020 saranno particolarmente complicati: proviamo però anche a gettare uno sguardo più avanti. Cosa potrebbe succedere nel medio-lungo periodo?

L’incertezza a livello macroeconomico resterà molto elevata anche nel 2021, dato che dipenderà fondamentalmente da due variabili: la prima è l’evoluzione della situazione sanitaria. Se guardiamo il precedente più simile alla pandemia da Coronavirus, l’influenza spagnola che ha colpito l’Europa fra il 1918 e il 1919, si nota con chiarezza che all’epoca ci fu, dopo un primo picco, una seconda e ancora più drammatica ondata e, infine, un terzo picco di minore intensità. È molto difficile prevedere cosa succederà nei prossimi mesi, ma è probabile che si possano avere nuove ondate, verosimilmente con intensità diversa da un Paese all’altro.
La seconda variabile è invece legata alle risposte di politica economica. Anche se a volte si è fatto questo paragone, la realtà è che non siamo in un’economia di guerra. Purtroppo, aggiungerei, perché una situazione di quel tipo sarebbe preferibile: l’economia di guerra è più “facile” da leggere, perché non si creano shock sulla curva dell’offerta. In un contesto di quel tipo ci sono riconversioni, ma non shock. Oggi invece ci troviamo in un circolo vizioso, in cui assistiamo contemporaneamente a un calo sia della domanda sia dell’offerta. Se non si interrompe questo fenomeno, gli effetti potrebbero essere devastanti.

Ma come fare?

Gli interventi di politica economica in queste condizioni diventano delicatissimi. Bisogna intervenire nel momento giusto e con i tempi giusti per supportare di volta in volta la domanda e l’offerta, alternando politica monetaria e politica di bilancio. Se guardiamo alla crisi del 2009, per fare un paragone, ci rendiamo conto che anche allora ci fu uno shock iniziale dell’offerta, dovuto però a una crisi di tipo finanziario. In quelle circostanze l’efficacia di intervento della politica monetaria era decisamente più alta rispetto a oggi, quando se è vero che la politica monetaria sta già intervenendo, è però necessaria un’ottima sincronizzazione con quella di bilancio.

Come può riorganizzarsi un’impresa di fronte a una crisi come quella che abbiamo vissuto e considerando la possibilità che possa ricapitare?

Il periodo di lockdown ha indubbiamente avuto un costo importante in termini di tenuta finanziaria, che verosimilmente porterà a un aumento dell’indebitamento. Di conseguenza, sarà cruciale attuare un’accurata analisi di sensitività finanziaria ed economica. È necessario capire quali sono i punti di rottura, che tipo di tenuta e di continuità ha non solo l’azienda, ma l’intera value chain di cui fa parte.

Proprio parlando di catene del valore, che scenario possiamo attenderci? Si parla molto di possibilità di de-globalizzazione…

Sicuramente per un’azienda oggi è necessario tenere d’occhio a livello complessivo la value chain in cui è inserita. Serve una visione chiara di quello che succede in tutta la filiera e anche uno sguardo laterale, perché tutte le filiere hanno delle interconnessioni molto forti che portano anche a modifiche orizzontali. È possibile che si verifichi una tendenza alla de-globalizzazione, ma attenzione, si tratterebbe di un fenomeno a diverse facce: potrebbe avere risvolti positivi in caso di riconfigurazione intelligente delle supply chain, molto meno se si caratterizzasse per un indebolimento delle transazioni a livello globale con una conseguente chiusura dei sistemi economici.

Come valuta la reazione che le imprese italiane hanno avuto in questi mesi?

Nella fase di lockdown pura direi che hanno avuto mediamente una reazione abbastanza pronta e veloce: nonostante le difficoltà e il fatto che nessuno fosse pronto a una cosa del genere, quel poco che si poteva fare è stato fatto con prontezza e senso di responsabilità. Il vero problema è quello che succederà proprio ora, in questa fase di recovery. Le aziende si trovano a doversi confrontare con ordini spostati in avanti, clienti che hanno cambiato fornitori, eccetera. il vero punto di domanda è cosa faranno adesso e come.

Possiamo suggerire qualche strumento utile per gestire questa fase?

Bisogna prima di tutto adottare un approccio di gestione per scenari: più flessibile, più creativo, bisogna essere sempre pronti a varare un piano B, perché il piano A potrebbe non essere più praticabile da un momento all’altro.

Quindi ora come non mai è fondamentale avere un piano di continuità aziendale?

In poco più di un decennio abbiamo vissuto due shock pesantissimi: è quindi ormai consolidata l’idea che una crisi di grande portate possa accadere in qualsiasi momento. La consapevolezza di questo deve portare le aziende a ragionare per scenari e a gestire molto bene la variabile finanziaria attraverso stress test e sensitivity. Non è più pensabile fare un semplice piano finanziario a tre anni come spesso accadeva in passato, bisogna analizzare più scenari ed è opportuno che fra questi ce ne sia sempre uno che include una crisi. Pur senza sapere da cosa questa può essere indotta, posso fare una valutazione di come l’azienda reagirebbe se si verificasse, e quindi lavorare per migliorare la sua capacità di stare sul mercato e la sua flessibilità operativa.

La strategia innanzitutto…

Assolutamente. La chiave di volta sarà proprio avere capacità di impostare in maniera strategica la gestione dell’azienda. Sopravviverà chi saprà lavorare per scenari, individuare i trigger point per decidere al meglio quando agire, ed elaborare un piano di gestione dinamico e pronto ad adattarsi con estrema rapidità a eventuali shock. Per un’azienda, riuscire a simulare in anticipo cosa succederebbe in caso di catastrofe garantirebbe un grande vantaggio competitivo in caso di crisi.

A che punto sono le nostre aziende in questo?

Siamo un po’ indietro, inutile negarlo. Per lo meno rispetto al mondo anglosassone, dove c’è indubbiamente più cultura di planning ed elaborazione strategica. Dobbiamo lavorare rapidamente per colmare questo gap perché potrà essere decisivo per la competitività a livello internazionale delle nostre imprese.

Cambierà qualcosa anche in termini di dimensioni delle aziende per fronteggiare i nuovi scenari?

Bisogna essere pronti a fenomeni di consolidamento in diversi settori. Ipotizzo possa avvenire anche nel mondo delle fonderie, dove già negli ultimi anni si sono visti passi avanti in termini di specializzazione e focalizzazione produttiva. Gli sconvolgimenti di questi mesi porteranno alcune aziende a mettersi sul mercato, mentre altre saranno nella condizione di poter acquistare. Chi potrà comprare dovrà fare operazioni con una forte valenza strategica, mentre per chi sta dall’altra parte sarà fondamentale la tempistica: vendere nel momento sbagliato potrebbe essere un grosso problema.