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Fabio Zanardi eletto presidente di Assofond
associazione fonderie assofond
21/10/2021

Cambio al vertice dell’associazione confindustriale. Il nuovo presidente: «Costi materie prime, caro energia e decarbonizzazione sono le sfide da affrontare per un settore strategico della manifattura europea»

Dati Assofond: ripresa robusta della produzione industriale nei 12 mesi da settembre 2020 ad agosto 2021, ma incertezza per il futuro a causa dei costi di commodity energetiche e materie prime

Decarbonizzazione dei settori hard to abate: servono 15 miliardi in dieci anni. Chiesta al governo la predisposizione di un fondo ad hoc

Marmirolo (MN), 22 ottobre 2021 – «Inizio questo mandato assistendo alle dinamiche impazzite dei prezzi che, ormai da mesi, affliggono tutta l’industria manufatturiera e impattano in modo drammatico nel nostro settore. Oltre al trend esplosivo dei metalli, partito circa un anno fa e che mantiene tuttora elevate le quotazioni delle materie prime metalliche anche a causa delle strozzature lungo le catene di fornitura, da qualche tempo è in atto un’allarmante crisi energetica che sta producendo fiammate inflattive su tutte le commodity». Così il nuovo presidente di Assofond, Fabio Zanardi, eletto oggi alla guida dell’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese di fonderia italiane, ha commentato la situazione che stanno vivendo le imprese del settore.

Zanardi, presidente e amministratore delegato di Zanardi Fonderie S.p.A., con sede a Minerbe in provincia di Verona (per ulteriori dettagli vedi scheda allegata), subentra a Roberto Ariotti, al vertice di Assofond dal 2013 e attualmente presidente del comitato esecutivo dell’associazione europea delle fonderie CAEF - The European Foundry Association. «Ringrazio il past President per il costante impegno dimostrato in questi ultimi otto anni a fianco di tutti noi – ha detto Zanardi – e gli faccio il mio in bocca al lupo per il lavoro che sta portando avanti in sede europea».

L’assemblea annuale di Assofond, dal titolo “Le fonderie fra ripresa e transizione”, tenutasi in presenza nella giornata di oggi, ha riunito dopo quasi due anni oltre 200 persone fra rappresentanti delle fonderie associate e delle altre imprese della filiera presso Villa Corte Peron a Marmirolo, in provincia di Mantova.

In occasione dell’appuntamento, oltre al rinnovo delle cariche associative, si è fatto il punto sui temi chiave per il settore in un momento caratterizzato da un clima di forte incertezza. Superata di slancio la pandemia – nei dodici mesi che vanno da settembre 2020 ad agosto 2021 l’indice della produzione industriale delle fonderie è stato superiore ai valori fatti segnare nell’ultimo anno pre-pandemia, il 2019, e solo di poco inferiore al dato del 2018, uno degli anni migliori in assoluto per il settore – le fonderie si trovano ad affrontare grandi incognite già fortemente impattanti nell’immediato ma probabilmente destinate ad avere effetti strutturali nel  medio-lungo periodo: «La prima, – ha sottolineato Zanardi – è rappresentata dagli alti costi e dalle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime. Una situazione che dura ormai da qualche mese e ci sta creando non pochi problemi. La seconda contingenza, che è invece esplosa nelle ultime settimane, è quella relativa ai costi insostenibili per le commodity energetiche. Una situazione complicata per tutti, tanto più per imprese energivore come le nostre. Un terzo fattore critico, forse oggi oscurato dalle contingenze appena citate, è la disponibilità e la competenza del capitale umano, che inevitabilmente porta con sé tutte le complessità di un mondo in costante e rapido cambiamento, e che è un fattore determinante del successo di qualsiasi industria. Il tutto va necessariamente e urgentemente legato alla transizione ecologica e agli obiettivi che l’Europa si è data con il pacchetto “Fit for 55”, che inevitabilmente alza il livello di complessità essendo fortemente correlata non solo alla sostenibilità ambientale, ma anche a quella economica e sociale. La voce di Assofond, insieme a quella delle altre associazioni di fonderie europee, è la più autorevole per quanto riguarda gli aspetti di transizione nel nostro specifico settore. Dovere di Assofond è quindi farsi parte attiva di questo processo di transizione, come peraltro già iniziato dal mio predecessore, esercitando la propria autorevolezza con competenza, chiarezza e trasparenza, individuando e proponendo azioni, tecnologie e tempistiche che aiutino le istituzioni a intraprendere direzioni veramente sostenibili a 360 gradi».

Proprio sul tema della transizione ecologica e della difficile congiuntura che il mondo produttivo sta affrontando in questi mesi si sono concentrati i relatori invitati al convegno, che si sono confrontati in una tavola rotonda con la partecipazione di Giorgio Arfaras, direttore della Lettera Economica del Centro Einaudi, Matteo Di Castelnuovo (Associate Professor of Practice Sustainability della SDA Bocconi), Carlo Mapelli (docente di metallurgia al Politecnico di Milano), oltre a Zanardi e Ariotti.

«Il rimbalzo dopo la pandemia ha una duplice natura – ha detto Arfarasuna grande crescita della domanda (per il ritorno alla normalità e per l'accumulo di risparmio durante la crisi), e un'offerta limitata (per i minori investimenti e per la riduzione delle scorte come frutto della crisi). Ciò ha mostrato la vulnerabilità delle value chain e del just in time quando si ha una crisi. Dal che si deduce che, con il tempo, la distanza fra domanda e offerta di materie prime e di servizi di trasporto dovrebbe ridursi e quindi i prezzi dovrebbero flettere. In ogni modo, il gran ciclo al rialzo delle materie prime trascinato per oltre un decennio dall’urbanizzazione cinese dovrebbe terminare per la crisi del settore immobiliare di questo paese. L’incognita è la transizione ecologica. Potrebbe esserci una carenza di energia non rinnovabile in presenza di una minor offerta di energia rinnovabile. Carenza che trarrebbe origine dai minori investimenti dei produttori di non rinnovabili che vedono chiudersi la prospettiva per le loro attività nel futuro».

«Il 2021 – ha sottolineato Matteo Di Castelnuovoè stato un anno in cui si è verificata una serie di eventi naturali particolarmente negativi e drammatici che ci hanno ricordato come e quanto il cambiamento climatico stia fisicamente impattando il nostro pianeta. La scienza ci dice chiaramente che per rallentare il riscaldamento globale e i suoi effetti più catastrofici, è urgente prima tagliare e poi azzerare le emissioni di gas serra. Per fare questo dobbiamo necessariamente accelerare la decarbonizzazione della nostra economia, ovvero ridurre o meglio eliminare l’utilizzo di combustibili fossili, cioè carbone, gas e petrolio, e adottare tutte quelle tecnologie verdi e quei comportamenti, anche individuali, che consentano di ridurre l’inquinamento e il consumo di risorse naturali, con l’obiettivo di creare un sistema industriale e sociale più sostenibile per noi e per le generazioni future».

«Una transizione ecologica sensata – ha argomentato Carlo Mapelli – può avvenire a mio avviso puntando non su una singola linea di sviluppo, ma deve comprendere una visione articolata e diverse tecnologie. L’elettrificazione, per certi settori, è già un dato di fatto: le fonderie italiane, ad esempio, hanno già da anni in larga parte sostituito i forni a carbone con forni elettrici. Questo ci pone da un lato in una situazione di vantaggio, perché usiamo molto meno carbone di molti altri Paesi, Germania inclusa, ma dall’altro, paradossalmente più in difficoltà di fronte alla necessità di ridurre ancora le emissioni. Per farlo bisogna, infatti, implementare tecnologie non ancora consolidate o che, anche se già sviluppate come la produzione di idrogeno verde, comportano dei costi energetici e degli investimenti molto più elevati rispetto alla semplice sostituzione di un forno. Servirebbe, quindi, un approccio graduale, che contempli anche l’utilizzo di altre tecnologie per arrivare all’obiettivo: cattura della CO2, utilizzo di biocarbone e biometano, produzione di idrogeno blu con stoccaggio dell’anidride carbonica».

«La decarbonizzazione dei settori cosiddetti “hard to abate” (acciaio, cemento, chimica, ceramica, carta, vetro e fonderie) è la vera sfida – ha detto Ariotti – del prossimo decennio. Abbiamo stimato (in uno studio redatto in collaborazione con Boston Consulting Group) che l’implementazione delle nuove tecnologie e delle attività di ricerca e sviluppo necessarie costerebbero alle imprese di questi settori, nei prossimi 10 anni, circa 15 miliardi di euro. Una cifra enorme. Siamo determinati a lavorare per raggiungere questo obiettivo, ma non possiamo farlo da soli. Con Confindustria e le altre associazioni di settore abbiamo proposto al Governo di costituire un fondo per la decarbonizzazione dei nostri settori, così da accelerare la transizione energetica e la sostenibilità ambientale dei processi produttivi. Questo fondo permetterebbe alle nostre aziende di mettere in moto investimenti in grado di generare un impatto positivo sul PIL di circa 10 miliardi fino al 2030, consentendo il sostegno a circa 150.000 posti di lavoro qualificati».