Intervistato dal quotidiano toscano Il Tirreno, il presidente di Assofond fa il punto sull'andamento del settore a metà 2023 e sottolinea la necessità di politiche energetiche comuni in Europa, in grado anche di azzerare il gap di prezzo che penalizza le imprese italiane rispetto ai competitor continentali.
"I costi energetici -ha detto Zanardi-, ancorché ridotti rispetto al 2022, ma sono ancora su livelli almeno doppi rispetto al periodo pre-crisi e costituiscono un problema per tutte le imprese energivore italiane. Vanno trovate soluzioni strutturali che ci possano permettere di restare competitivi a livello internazionale. I maggiori costi energetici che dobbiamo sostenere rispetto ai competitor europei rischiano di farci perdere quote di mercato. La sospensione dei crediti d’imposta per l’acquisto di energia e gas, che al momento non sono stati rinnovati oltre il secondo trimestre, può peggiorare lo scenario. Lo spread Italia/estero è da tempo significativo nei confronti di Paesi quali Francia, Germania e Spagna. Il governo tedesco ha poi deciso di aiutare le imprese energivore con un prezzo fisso per l’80% dell’energia consumata pari a 60 €/MWh, quando il PUN in Italia viaggia sui 120 €/MWh. Questo vuol dire essere in potenziale svantaggio cronico con i nostri competitor europei. Non abbandoniamo quindi la battaglia per il prolungamento dei crediti d’imposta e per una riforma complessiva del mercato elettrico".
Nell'intervista rilasciata al Tirreno, Zanardi ha sottolineato anche il ruolo fondamentale del settore per la transizione ecologica europea: "La sostenibilità è la nostra vocazione: la fonderia è un’azienda di riciclo che riutilizza materiali, i rottami metallici, che altrimenti finirebbero in discarica. Siamo quindi un anello chiave per lo sviluppo di un sistema economico circolare, e realizziamo prodotti decisivi per la decarbonizzazione dei settori industriali a valle fra cui, ad esempio, componenti per pale eoliche o centrali idroelettriche, per mezzi di trasporto sempre più leggeri e a basse emissioni… e l’elenco potrebbe continuare a lungo".
Da ultimo, spazio a una riflessione in tema lavoro: "Abbiamo la necessità di formulare una nuova cultura del lavoro in fabbrica per tornare ad attrarre i giovani. Great Resignation, quite quitting e ora climate quitting, ovvero la decisione, da parte dell’individuo, di non lavorare per aziende che, a suo giudizio, inquinano. Sono problemi concreti, che rischiano di compromettere non solo la solida tradizione dell’industria europea, ma anche tutti gli sforzi compiuti per renderla competitiva in fatto di tecnologia e sostenibilità".
L'intervista integrale è disponibile al link di seguito, unitamente a un articolo sull'andamento congiunturale del settore.