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Ariotti (Assofond): «Per le fonderie prevediamo nel 2020 un calo della produzione del 20-30%»
economia e finanza settori e imprese
23/06/2020

L’associazione dell’industria fusoria in assemblea online. Nonostante una perdita in volumi di produzione pari a quasi il 70% c'è moderata fiducia nella ripresa

Milano, 23 giugno 2020 – «Le fonderie hanno pagato il prezzo del lockdown molto più rispetto alla media dell’industria in generale. Il nostro settore aveva imboccato già una fase di rallentamento nel 2019, che è stato sensibilmente accentuato da quanto è successo negli ultimi mesi. Tuttavia, non abbiamo registrato un blocco totale: il 15% circa delle imprese del comparto ha continuato a lavorare in sicurezza anche durante il lockdown, principalmente perché fornitrici di filiere essenziali». A dirlo è Roberto Ariotti, presidente di Assofond, in occasione dell’Assemblea generale dell’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane, tenutasi eccezionalmente in videoconferenza.

Un confronto articolato, quello fra i fonditori italiani, che non ha mancato di affrontare anche tematiche spinose, come quelle circa il ruolo che imprenditori e imprese hanno avuto durante i difficili mesi appena trascorsi: «Non accettiamo la dialettica tra le ragioni della salute e quelle del profitto. Gli stabilimenti rimasti operativi – ha proseguito Ariotti – hanno operato perché necessario e mettendo sempre al primo posto la salute e la sicurezza dei lavoratori. Hanno collaborato a tenere in vita il sistema produttivo nazionale. Penso alle fonderie che forniscono imprese nell’ambito medicale o alimentare: il loro contributo nei momenti più tesi della fase 1 è stato determinante».

La crisi dovuta alla pandemia si è abbattuta violentemente su un sistema già in difficoltà: secondo le elaborazioni del Centro Studi Assofond diffuse in occasione dell’assemblea, nei mesi del lockdown le fonderie hanno fatto segnare un calo della produzione superiore di oltre venti punti percentuali – in termini di volumi – a quello della produzione industriale italiana complessivamente intesa. Inoltre, come emerge dal Grafico 1, il comparto presentava già un rallentamento nei primi due mesi dell’anno, che hanno scontato l’effetto trascinamento di un 2019 già complicato, con un calo complessivo del -8,5% rispetto al 2018.

Particolarmente negative, lo scorso anno, sono state le performance delle fonderie di ghisa (-12,3%), mentre minore è stato il calo per le fonderie di metalli non ferrosi (-4,9%), pesantemente colpite, però, dalla crisi dell’auto. In controtendenza le fonderie di acciaio e di microfusione, che hanno fatto segnare un +5,2% sul 2018 (Grafico 2).

È però l’intera industria europea di fonderia ad aver attraversato, già lo scorso anno, una fase complessa. I tre maggiori produttori, Germania, Italia e Francia, hanno infatti registrato tutti, nel 2019, un forte calo della produzione: -8,9% la Germania, -8,5% l’Italia, -5,1% la Francia. (Grafico 3).

«Per quanto riguarda l’anno in corso – ha spiegato Ariotti – le proiezioni su base annua ci dicono che il calo della produzione dovrebbe essere compreso tra il 20 e il 30%: un dato in linea con quanto ci si attende anche in Germania, e migliore di quello previsto per Francia, Spagna e Gran Bretagna (Grafico 4). «Adesso è venuto il momento di ripartire – ha detto ancora Ariotti. È per questo che abbiamo dato alla nostra assemblea il titolo di “Crederci!” Dopo tanta sofferenza e anche paura e con lo stesso senso del dovere che ci ha ispirati nei mesi appena trascorsi, dobbiamo reagire. I numeri non sono buoni e il quadro dei prossimi mesi è nebuloso, ed è quindi urgente mettersi a lavorare».

Una ripresa che passa anche per le sfide che tutta l’industria europea dovrà affrontare per riaffermare la propria competitività nel mondo: «Le fonderie sono imprese determinanti per la maggior parte delle filiere, e quelle italiane sono anche un modello di sostenibilità, a tutti i livelli: ambientale, sociale ed economica. Per questo motivo, condividiamo i principi del Green New Deal lanciato ancora lo scorso anno dalla Commissione Ue, nella consapevolezza, però, che gli obiettivi fissati vanno raggiunti insieme all’industria e con il suo determinante contributo, non tagliandole le gambe con limiti e regole che la esporrebbero alla concorrenza sleale dei competitor stranieri. Ciò su cui bisogna lavorare, e tanto, è la creazione di un sistema di concorrenza paritaria con i produttori extra UE. I comportamenti virtuosi – ha concluso Ariotti – devono essere valorizzati quanto protetti».