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Inflazione e crisi energetica: le fonderie italiane a congresso si interrogano sul futuro
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13/10/2022

Due giorni di lavoro a Torino per le imprese associate ad Assofond, con focus sulla sostenibilità del settore

Torino, 13 ottobre 2022 – Due giorni di lavori per riflettere sulla congiuntura economica attuale e sulle prospettive del settore per il prossimo futuro: è iniziato oggi a Torino, presso il Centro congressi dell’Unione Industriale, il 36° Congresso nazionale di fonderia, appuntamento biennale organizzato da Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane.

Il titolo del congresso – “Al timone con l’inflazione: come mantenere la rotta?” – evidenzia fin da subito il contesto in cui si sta muovendo l’industria di fonderia italiana, che vive un momento di forte difficoltà principalmente a causa dei vertiginosi aumenti dei costi energetici: «Tutto il settore manifatturiero – ha dichiarato il presidente di Assofond, Fabio Zanardi – e in particolare le aziende più energivore come le fonderie, da molti mesi ormai sta facendo i conti con costi energetici che stanno rendendo economicamente insostenibile qualsiasi attività produttiva. Rispetto a un anno fa, quando già la dinamica di apprezzamento delle commodity energetiche era iniziata, i prezzi di gas ed energia elettrica sono cresciuti rispettivamente del 380%[1]e del 440%[2]. Come logica conseguenza, abbiamo dovuto applicare considerevoli extracosti ai nostri clienti, alimentando una dinamica inflattiva che non fa certo bene né alle imprese né alle famiglie. Senza misure strutturali, in tempi brevi arriveremo al punto di non ritorno: il mercato, che già è in fase di rallentamento, potrebbe sgonfiarsi repentinamente e portare di conseguenza anche nel nostro settore fermi produttivi».

Proprio la sostenibilità del business del settore delle fonderie, sotto tutti i punti di vista, è stata al centro dell’appuntamento organizzato da Assofond e degli interventi dei relatori che hanno animato la giornata.

Di sostenibilità economico-finanziaria ha parlato Claudio Teodori, docente di economia aziendale al Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Brescia, che ha esaminato innanzitutto la situazione economica complessiva del sistema delle fonderie italiane per fare il punto – sulla base dei risultati dell’analisi di bilancio realizzata annualmente dal Centro Studi Assofond – circa la redditività, solidità e le prospettive del settore: «Il comparto delle fonderie, a livello generale, nonostante il buon incremento di fatturato che ha caratterizzato il 2021, si trova con una redditività non sufficiente a garantire completamente la tenuta economica. Dopo il calo progressivo della redditività che ha caratterizzato gli anni dal 2016 al 2020, infatti, il rimbalzo del 2021si presenta inadeguato se consideriamo i volumi di produzione generati del settore nell’esercizio considerato. Questo vale soprattutto per le fonderie di ghisa e per quelle di acciaio: queste ultime, tuttavia, compensano con un’ottima solidità; meno allarmante la situazione nelle fonderie di alluminio. I prossimi mesi, con tutta probabilità, si caratterizzeranno per un rallentamento dell’economia - le stime del PIL 2023 sono vicine allo zero - accompagnata da inflazione, che risente dei costi elevati di materie prime ed energia. Uno scenario che porterà verosimilmente anche a un ulteriore incremento del costo del denaro, viste le manovre delle banche centrali proprio indirizzate a contenere l'inflazione. Di conseguenza, vedo possibile un aumento del rischio sia operativo sia finanziario, soprattutto per le aziende più indebitate. L’unica arma a disposizione delle imprese, in un contesto di questo tipo, è fare tutto il possibile per difendere la redditività che tende a contrarsi, anche grazie a investimenti in digitalizzazione e innovazione, che permettano l’incremento del valore aggiunto. Gli investimenti, però, sortiranno effetti trascurabili in assenza di politiche governative a sostegno del settore metallurgico, per il quale manca un piano strategico. Infine, pare necessario riflettere da una parte su interventi di riorganizzazione, funzionali anche alla maggiore flessibilità operativa per rendere le aziende capaci di reagire tempestivamente e, dall’altra, su nuove forme di collaborazione».

Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana S.p.a., ha invece parlato di sostenibilità sociale, un altro tema di grande attualità per le imprese del settore, che soffrono il mismatch fra domanda e offerta di lavoro, ma anche – contrariamente a quanto avveniva in passato – un forte turnover, generato in particolare dalla domanda di manodopera che si registra in settori in grande espansione a causa delle agevolazioni fiscali recentemente introdotte, per esempio l’edilizia: «Oggi trovare personale in linea con le esigenze delle imprese è sempre più difficile, per una serie di motivi: l’offerta di lavoro, fino a questo momento, è stata alta e molto diversificata, quindi le persone hanno più possibilità di scelta. Proprio per questo motivo, sono portate a selezionare molto e quindi a privilegiare lavori in linea con le loro necessità e con le loro aspettative di vita. Ne consegue che oggi l’employer branding, aziendale ma anche di categoria, è fondamentale soprattutto per i settori industriali, che molto spesso vengono percepiti come distanti da quelle che potrebbero essere le aspirazioni che una persona cerca nel proprio lavoro, in particolare quando si tratta di giovani neolaureati, altamente qualificati e che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro».

Infine, la sostenibilità ambientale che, in un contesto come quello attuale, non può che essere fortemente influenzata dalla crisi energetica in corso. Il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli ha sottolineato il difficile percorso che attende l’Europa nei prossimi mesi e anni, e denunciato l’assenza di soluzioni davvero efficaci sui tavoli di discussione della politica: «La realtà è che siamo in un’economia di guerra, ma in Europa si discute per lo più di soluzioni tampone, che forse possono migliorare la situazione, ma che non sono adatte a risolvere il problema. La politica ha impiegato troppo tempo per rendersi conto della crisi. Ora bisogna tornare ai fondamentali, che sono quelli che contano: i prezzi sono esplosi non per la speculazione, ma perché manca il 40% di offerta di un bene, il gas, che è essenziale, e che è impossibile sostituire con qualcos’altro in pochi mesi. Per questo la domanda di gas è rimasta sostenuta fino a tutto agosto nonostante i prezzi da capogiro. I dati di ottobre, però, mostrano un’inversione di tendenza: i consumi, in Italia, hanno fatto segnare una flessione del -15% rispetto allo stesso mese del 2021, con l’industria a -20%. Il motivo è presto detto: la recessione è in arrivo, e la domanda sta cedendo. Nel frattempo, però, la produzione domestica di gas in Europa non cresce, con Olanda e Italia, per fare due esempi, che potrebbero fare molto di più, viste le risorse a loro disposizione. Questi sono gli argomenti di cui si dovrebbe occupare maggiormente la politica europea e nazionale: i fondamentali, gli unici davvero in grado di far scendere i prezzi delle nostre bollette. È giusto provare a colpire la speculazione, ma non è solo dando la colpa agli speculatori che risolviamo il problema dell'enorme quantità di gas che manca all'Europa».

[1] Differenza % fra il valore medio mensile del P.U.N. di agosto 2021 (112,40 €/MWh) e agosto 2022 (543,15 €/MWh).

[2] Differenza % fra il prezzo medio mensile del gas sul Mercato infragiornaliero (MI-GAS) di agosto 2021 (42,97 €/MWh) e agosto 2022 (231,99 €/MWh).