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A oltre due anni dall’ultimo appuntamento, la comunità delle fonderie italiana è tornata a riunirsi in presenza in occasione dell’assemblea generale di Assofond, che si è tenuta venerdì 22 ottobre presso Villa Corte Peron a Marmirolo, in provincia di Mantova. Un’occasione per tornare a parlarsi di persona, confrontandosi sulle dinamiche attuali dei mercati, ma soprattutto per rinnovare le cariche associative.
Di seguito il racconto della giornata, mentre i video e le slide degli interventi e la restante documentazione sono disponibili per il download in calce al post.
ASSEMBLEA GENERALE, PARTE PRIVATA: FABIO ZANARDI ELETTO PRESIDENTE
«Inizio questo mandato assistendo alle dinamiche impazzite dei prezzi che, ormai da mesi, affliggono tutta l’industria manifatturiera e impattano in modo drammatico nel nostro settore», ha detto Fabio Zanardi commentando la situazione vissuta dalle fonderie in questi ultimi mesi. «Oltre al trend esplosivo dei metalli, partito circa un anno fa e che mantiene tuttora elevate le quotazioni delle materie prime metalliche anche a causa delle strozzature lungo le catene di fornitura, da qualche tempo è in atto un’allarmante crisi energetica che sta producendo fiammate inflattive su tutte le commodity».
Zanardi subentra a Roberto Ariotti, al vertice di Assofond dal 2013 e attualmente presidente del comitato esecutivo del CAEF, l’associazione europea delle fonderie. «Ringrazio il past President per il costante impegno dimostrato in questi ultimi otto anni al fianco di tutti noi – ha detto Zanardi – e gli faccio il mio in bocca al lupo per il lavoro che sta portando avanti in sede europea».
In parte grazie agli interventi dal palco, in parte per la necessità di condividere le proprie opinioni dopo un così lungo tempo di distanziamento, il pubblico in sala non ha fatto mancare il dibattito. Il trend economico globale genera, del resto, preoccupazioni e timori. Le imprese di fonderia, nella loro posizione strategica di interconnessione tra più filiere, vivono un momento che le vede compresse fra i costi crescenti dei fattori produttivi e le difficoltà di approvvigionamento di materie prime, da un lato, e la complessità del mercato dall’altro, con le ovvie difficoltà che si incontrano nella contrattazione con i clienti per adeguare le dinamiche commerciali alla nuova situazione.
Nonostante le tensioni che caratterizzano il momento attuale, il clima dell’assemblea è stato tutt’altro che pessimista: ha piuttosto rafforzato il senso di appartenenza all’associazione. L’esperienza maturata durante la crisi finanziaria del 2008-2011 prima e quella della pandemia poi restano due validi modelli su come procedere, in termini di comunità, nell’affrontare i problemi. Oggi ci sono nuove sfide – la transizione ecologica su tutte – che devono essere affrontate con il coraggio con cui ci si pone di fronte alle novità, ma senza lasciarsi trasportare né dall’euforia, né dallo sconforto. Per farcela – questo è il messaggio emerso dai molti interventi – l’opera delle realtà associative sarà ancora determinante. A dispetto delle critiche spesso mosse all’associazionismo di impresa, in un momento di grande complessità saranno una volta di più proprio le comunità di categoria a fare da catalizzatori di sentiment e problemi, oltre che da incubatori per sviluppare le soluzioni più concrete e percorribili.
ASSEMBLEA GENERALE, PARTE PUBBLICA: LA RIPRESA DOPO LA PANDEMIA E LA TRANSIZIONE ECOLOGICA AL CENTRO DEL CONVEGNO
“Le fonderie fra ripresa e transizione”. È con questo titolo che, una volta conclusi gli impegni istituzionali, si è celebrata la parte pubblica dell’assemblea. Un evento cui hanno preso parte circa duecento persone in platea, oltre ad altre sessanta circa collegate da remoto. Durante il convegno si è fatto il punto sui temi chiave per il settore, in un momento caratterizzato da un clima di forte incertezza.
Proprio sul tema della transizione ecologica e della difficile congiuntura che il mondo produttivo sta affrontando in questi mesi si sono concentrati i relatori invitati al convegno, che si sono confrontati in una tavola rotonda con la partecipazione di Giorgio Arfaras (Direttore della Lettera Economica del Centro Einaudi), Matteo Di Castelnuovo (Associate Professor of Practice Sustainability della SDA Bocconi), Carlo Mapelli (Docente di metallurgia al Politecnico di Milano), oltre al neopresidente Fabio Zanardi e al presidente uscente Roberto Ariotti.
«Il rimbalzo dopo la pandemia ha una duplice natura – ha detto Arfaras – una grande crescita della domanda (per il ritorno alla normalità e per l'accumulo di risparmio durante la crisi), e un'offerta limitata (per i minori investimenti e per la riduzione delle scorte come frutto della crisi). Ciò ha mostrato la vulnerabilità delle value chain e del just in time quando si ha una crisi. Dal che si deduce che, con il tempo, la distanza fra domanda e offerta di materie prime e di servizi di trasporto dovrebbe ridursi e quindi i prezzi dovrebbero flettere. In ogni modo, il gran ciclo al rialzo delle materie prime trascinato per oltre un decennio dall’urbanizzazione cinese dovrebbe terminare per la crisi del settore immobiliare di questo paese. L’incognita è la transizione ecologica. Potrebbe esserci una carenza di energia non rinnovabile in presenza di una minor offerta di energia rinnovabile. Carenza che trarrebbe origine dai minori investimenti dei produttori di non rinnovabili che vedono chiudersi la prospettiva per le loro attività nel futuro».
«Il 2021 – ha sottolineato invece Matteo Di Castelnuovo – è stato un anno in cui si è verificata una serie di eventi naturali particolarmente negativi e drammatici che ci hanno ricordato come e quanto il cambiamento climatico stia fisicamente impattando il nostro pianeta. La scienza ci dice chiaramente che per rallentare il riscaldamento globale e i suoi effetti più catastrofici, è urgente prima tagliare e poi azzerare le emissioni di gas serra. Per fare questo dobbiamo necessariamente accelerare la decarbonizzazione della nostra economia, ovvero ridurre o meglio eliminare l’utilizzo di combustibili fossili, cioè carbone, gas e petrolio, e adottare tutte quelle tecnologie verdi e quei comportamenti, anche individuali, che consentano di ridurre l’inquinamento e il consumo di risorse naturali, con l’obiettivo di creare un sistema industriale e sociale più sostenibile per noi e per le generazioni future».
«La decarbonizzazione dei settori cosiddetti “hard to abate” (acciaio, cemento, chimica, ceramica, carta, vetro e fonderie) è la vera sfida – ha detto Ariotti – del prossimo decennio. Abbiamo stimato (in uno studio redatto in collaborazione con Boston Consulting Group) che l’implementazione delle nuove tecnologie e delle attività di ricerca e sviluppo necessarie costerebbe alle imprese di questi settori, nei prossimi 10 anni, circa 15 miliardi di euro. Una cifra enorme. Siamo determinati a lavorare per raggiungere questo obiettivo, ma non possiamo farlo da soli. Con Confindustria e le altre associazioni di settore abbiamo proposto al Governo di costituire un fondo per la decarbonizzazione dei nostri settori, così da accelerare la transizione energetica e la sostenibilità ambientale dei processi produttivi. Questo fondo permetterebbe alle nostre aziende di mettere in moto investimenti in grado di generare un impatto positivo sul PIL di circa 10 miliardi fino al 2030, consentendo il sostegno a circa 150mila posti di lavoro qualificati».
Dalla tavola rotonda che ha concluso il convegno è emerso in maniera chiara come il Green Deal di Bruxelles rappresenti una doppia sfida: un obiettivo da raggiungere, certo, ma anche su cui avviare un profondo dialogo con le istituzioni, non per ridimensionarne le ambizioni, ma per cercare di ragionare su tempi e modi per raggiungerle. È necessario, infatti, definire parametri adeguati alla realtà dei fatti e liberi dalle illusioni ideologiche che le istituzioni politiche troppo spesso tentano di seguire. Per quanto nobile possa essere la meta, i rischi di compromettere un ecosistema produttivo fatto di aziende e posti di lavoro che, qualora si insistesse sull’attuale agenda, potrebbero essere messi in discussione, sono reali. Ma è ancor più necessaria la consapevolezza che, appena oltre i confini europei, il mercato segue regole della concorrenza meno rigide. Di conseguenza, ciò che di virtuoso è stato raggiunto finora e sarà ancora raggiungibile nei prossimi anni potrebbe avere ben meno valore se confrontato con altre realtà i cui standard di sostenibilità sono significativamente inferiori a quelli raggiunti dalle imprese italiane ed europee.
Il convegno "Le fonderie fra ripresa e transizione" è un evento Assofond realizzato con il contributo di (clicca sull'immagine per leggere il profilo delle aziende sponsor):